tag:blogger.com,1999:blog-61047520921540123822024-03-14T03:09:14.568-07:00Cosa dicono di luiAntonello Serrahttp://www.blogger.com/profile/16967712733812355582noreply@blogger.comBlogger8125tag:blogger.com,1999:blog-6104752092154012382.post-17390606007792069312014-08-19T00:55:00.002-07:002014-08-19T01:33:33.419-07:00Mario Cossali<span class="hascaption"><span style="font-size: 14pt;"><span style="mso-spacerun: yes;"></span></span></span><span style="font-size: 14pt;"><o:p><span style="font-size: small;">
</span></o:p></span><span style="font-size: 14pt;"><span style="font-size: small;"></span></span><br />
<span style="font-size: 14pt;"><span style="font-size: small;"><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt;">
UN TEATRO MAGICO RAPPRESENTA IL CUORE DEL MONDO</div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
La
pittura di Antonello Serra se la guardi superficialmente può sembrarti anche
troppo facile, sai che ha fatto un lungo bagno nel mondo onirico surrealista e
poi ha cominciato un amoroso viaggio nel bosco degli archetipi della sua
Sardegna.</div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
Scrigno
prediletto di questi archetipi la cassapanca sarda, “cascia de su pane, de sa
pannamenta, de su trigu, de su ‘inari”, cassapanca in legno di castagno,
finemente intagliata. Da alcuni ritrovamenti archeologici si può dedurre che la
cascia venga addirittura dall’età nuragica e questo giustifica filologicamente
l’antichismo di certi rimandi segnici e figurali del nostro artista.</div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
Ma
tutto questo non basta, può valere come premessa, perché la pittura coltivata
oggi da Antonello Serra non si esaurisce nella memoria, per quanto passionale,
e non si adagia nostalgicamente sul tappeto arcaico della ricerca romantica
delle proprie radici.</div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
Infatti
ci troviamo di fronte ad una pittura viva, vivace nel colore e nella narrazione,
una pittura che è tutta impegnata a costruire una nuova storia, pur debitrice
delle linfe di un lontano passato che nella terra di Sardegna ha impregnato di
sé ogni passo della vita quotidiana.<br />
<a name='more'></a><br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
Ma
la pittura di Serra parla alla mente e agli occhi di oggi e ci conduce per mano
in un lungo labirinto che trasforma le icone antiche in forme sciamaniche della
speranza del nostro tempo. Paradossalmente l’indicazione per considerare il
senso profondo di questa interpretazione ci viene da un sardo importante come
Emilio Lussu: “Il popolo sardo, come i popoli venuti ultimi alla civiltà
moderna e già fattisi primi, ha da rivelare qualcosa a se stesso e agli altri,
di profondamente umano e nuovo.” Qualcosa di profondamente umano e nuovo è
quello che incontro in questa pittura degli anni duemila, in un contesto
sociale e linguistico ormai molto diverso da quello di Lussu, ma la cifra è
questa: passione e rivelazione, passione e annuncio. La strumentazione
rappresentativa è consapevole dell’attualità, nonostante voglia portare con
sé<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>l’universo di un popolo antico.</div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
Guardiamole
bene le palombelle, i segni della vita e dell’operosità rurale, l’apparizione
laterale della presenza umana, le figure si succedono in una sorta di magico
teatro che non ci distoglie ma ci rimette nel<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>flusso più vitale. Hanno la loro funzione indispensabile i colori caldi
e terragni come gli innesti di altri materiali sulla tela, sulla iuta o sulla
tavola: ci conducono nel cuore del mondo.</div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<o:p> </o:p></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
Mario
Cossali</div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: Calibri;"><o:p> </o:p></span></div>
</div>
</span></span><br />Antonello Serrahttp://www.blogger.com/profile/16967712733812355582noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-6104752092154012382.post-2159193640021527732011-04-06T01:02:00.000-07:002014-08-19T01:49:36.907-07:00Antonio Cossu<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;">
<span style="font-size: 9pt;"><span style="font-family: Calibri;"><span style="font-family: Times New Roman; font-size: small;">
</span></span></span></div>
<span style="font-size: 9pt;"><span style="font-family: Calibri;"><span style="font-family: Times New Roman; font-size: small;"><div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin: 0cm 0cm 0pt; mso-margin-bottom-alt: auto; mso-margin-top-alt: auto; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
SEGNI<br />
</div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;">
</div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: #595959; font-size: 10pt; mso-fareast-font-family: "MS Mincho"; mso-fareast-language: JA;">Passavamo sulla terra
leggeri come acqua … come acqua che scorre, salta, giù dalla conca piena della
fonte, scivola e serpeggia fra muschi e felci, fino alle radici delle sughere e
dei mandorli….<o:p></o:p></span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;">
</div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="color: #595959; font-size: 10pt; mso-fareast-font-family: "MS Mincho"; mso-fareast-language: JA;">Sergio Atzeni</span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;">
</div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="color: #595959; font-size: 10pt; mso-fareast-font-family: "MS Mincho"; mso-fareast-language: JA;">Passavamo sulla terra leggeri, 1996</span><br />
<span style="color: #595959; font-size: 10pt; mso-fareast-font-family: "MS Mincho"; mso-fareast-language: JA;"><o:p></o:p></span> </div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;">
</div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: inherit;">E’ un
sentimento controverso quello del ricercare le proprie radici. Apparentemente
comune, in realtà esso si scontra quotidianamente con i ritmi di esistenze
accelerate, nelle quali l’oggi – più raramente il domani – è la coordinata di
riferimento. Può essere la disperazione che ti porta a fuggire dal tuo passato
(o dal tuo contingente) o l’ambizione dell’apparire diverso da ciò che
effettivamente sei o sei stato. E così il ricondursi alla propria storia
rischia di essere spesso letto come atteggiamento dettato da mera e retorica
vena nostalgica.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">
Sfata
il dubbio l’opera recente di Antonello Serra, laddove il racconto pittorico
mutuato da quello plastico proprio di uno degli oggetti più caratterizzanti di
Ichnusa, la cassapanca, non si colloca nel solco della rappresentazione formale
dell’iconografia di un’isola, ma diventa gioioso inseguirsi di segni,
disordinatamente quanto rigorosamente disposti sullo spazio compositivo, a
suggerire itinerari che la mente può liberamente percorrere; strade semplici,
nelle quali puoi riconoscere tracce che sono anche tue, nelle quali hai la
certezza di non perderti.</span></div>
<a name='more'></a>
Celle
di un labirinto immaginario, i tracciati segnici di Antonello Serra segmentano
il perimetro della tela che li ospita, affidando alle tonalità sobrie della tavolozza
il compito di rendere armonioso ciascun quadro. Un equilibrio rassicurante di
terre brune, di verdi e di azzurri tenui e vissuti, di ocra caldi e pastosi che
evocano fertilità, dove ben si innestano l’arcaico rigore di forme antropomorfe
e di geometrie mai fine e se stesse.<br />
La
forte trama del supporto, l’apparentemente grezza preparazione delle tele e
l’appena abbozzata sperimentazione del collage rendono alcuni lavori
dell’artista strutturalmente vicini a certo primitivismo; in tal senso appare
non casuale la sapiente collocazione, in alcune delle opere di Antonello, di
riferimenti al mondo della nera Africa, a legare storie e percorsi
antropologici dal sapore universale che l’artista ha profondamente
interiorizzato, quasi a raccogliere idealmente il testimone di chi lo ha
preceduto e che in quelle cassepanche ha depositato storie e memorie, gioie,
dolori e speranze ...<br />
<br />
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: #595959; font-size: 10pt; mso-fareast-font-family: "MS Mincho"; mso-fareast-language: JA;">Ora sei custode del tempo
(…) potrai aggiungere spiegazioni nuove dei fatti antichi narrati nella storia
che ti è affidata e raccontare avvenimenti memorabili….</span></i><br />
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: #595959; font-size: 10pt; mso-fareast-font-family: "MS Mincho"; mso-fareast-language: JA;"><o:p></o:p></span></i><br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="color: #595959; font-size: 10pt; mso-fareast-font-family: "MS Mincho"; mso-fareast-language: JA;">Sergio Atzeni<o:p></o:p></span></div>
<span style="color: #595959; font-size: 10pt; mso-fareast-font-family: "MS Mincho"; mso-fareast-language: JA;">Passavamo sulla terra leggeri, 1996</span>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="color: #595959; font-size: 10pt; mso-fareast-font-family: "MS Mincho"; mso-fareast-language: JA;"><o:p> </o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
Antonio
Cossu</div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
2011,
aprile</div>
</span></span></span><br />Antonello Serrahttp://www.blogger.com/profile/16967712733812355582noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-6104752092154012382.post-67408022877718774532011-03-17T10:17:00.001-07:002011-03-17T10:24:27.637-07:00Maria Claudia Simotti<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;">Un surrealismo ammiccante e gaiamente allusivo, accumula in ordine studiatamente sparso una minutaglia di suppellettili dell’inconscio, congerie simbolica sessuata animata dal contrappunto vivace di rimandi lucidi che scoprono argutamente quel che l’apparenza di realtà nasconde.</div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;"><br />
</div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;">Roma – Maria Claudia Simotti</div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;"><em>Critico d’Arte</em></div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;"><br />
</div>Antonello Serrahttp://www.blogger.com/profile/16967712733812355582noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-6104752092154012382.post-1210952932228823052011-03-17T10:14:00.000-07:002011-03-17T10:33:15.690-07:00Giuseppe BosichAntonello Serra, visionario del profondo.<br />
<br />
<div style="text-align: justify;">Giovane artista sardo originario di Usellus, antica colonia romana, vive e lavora a Trento. Negli anni ha prodotto qualche centinaio di tele dipintead olio, alcune di grande formato. La sua fonte di ispirazione dichiarata è stata Salvador Dalì.</div><div style="text-align: justify;">Fin dai primi tentativi, da autodidatta, ha ricostruito nelle proprie opere il clima e i modi espressivi daliniani, affinando la sua tecnica pittorica e rimanendo, comunque, nel tracciato del suo grande idolo, riuscendo ad esprimere immagini di invenzione propria; personaggi e spazi che riecheggiano ancora quella surrealtà che lo aveva così tanto ispirato. E' uno strano esempio di epigono che ha trovato una propria identità in evoluzione, pur rimanendo nell’antico solco.</div><a name='more'></a><div style="text-align: justify;"></div><div style="text-align: justify;">L'identità di ogni individuo non è intangibile, in quanto nucleo d'energia che si incontra con altri e interagisce mutando attimo per un attimo; può peepire il dosaggio in cui riconoscersi e accettarsi o disidentificarsi, se non, addirittura, alienarsi. L'arte immaginaria, storicizzandosi, ha lasciato ovunque tracce. In questo orizzonte appaiono a schiere le figurazioni, le icone plasmate dalla memoria stratificata nella sostanza astrale. La cifra dell'identità più profonda è spesso sconosciuta a se stessi. E, proporzionalmente, in quantità minima rispetto a quanto si riceve nelle interazioni e negli scambi, nelle possessioni e nei condizionamenti. Questa “materia”, inevitabilmente, si modifica in eterna diuturna metamorfosi, macinandosi in polvere e ricreandosi alchemicamente da questa.</div><div style="text-align: justify;">È interessante osservare, nell'escursus pittorico di Antonello Serra, come nelle opere più recenti, abbia vissuto una metamorfosi, allargando il suo orizzonte ispiratorio, visibilmente impressionato dal drappello surrealista di manifesto, per cui sono possibili alcuni nuovi riferimenti:Yves Tanguy, AndrèMasson, Max Ernst e altri. Come Prometeo, ha saputo appropriarsi, attraverso l'uso dei “flottages”, di buoni equilibri cromatici; una vera e propria fascinazione che lo ha stimolato nella ricerca, facendogli produrre alcune opere che pur essendo riferibili ai codici espressivi della schiera degli amici di Breton, sembrano, però, godere di una personale impronta in divenire.</div><div style="text-align: justify;">L'apparato pittorico di Antonello Serra è infatti in formazione e sarà sorprendente constatare, dove potrà condurlo, la graduale cangianza, in atto, del proprio nucleo di identità profonda. L'artista ha saputo misurarsi ed immergersi nel magma surreale, abbeverandosi delle tecniche e delle forme estetiche ereditate, con una propria capacità di visione e percezione, dimostrando attitudine all' apprendimento della lezione fantastica.</div><div style="text-align: justify;">Antonello SERRA, non si compiace dei risultati finora raggiunti; è perennemente alla ricerca di se stesso; come in una miniera sotterranea, al lavoro, per individuare i parametri estetici che meglio possano rappresentare la sua necessità di imprimersi in un supporto ideale, con un sigillo che lo identifichi per sempre.</div><div style="text-align: justify;">Come è possibile individuarsi, in questo bailamme, per una mente che voglia decifrare gli aspetti arcani delle dinamiche dell'energia, che occultano gli archetipi della vita e della morte? Da cosa nasce lo stimolo, la vocazione a identificarsi in una tipologia umana, in un ideale da perseguire, in una speranza da coltivare? Se tutto, delle esperienze umane, artistiche e non, è già stato tracciato e documentato con simboli, allegorie, emblemi? Se si rinvengono ovunque, in ogni impronta, le stesse aspirazioni costrette dalle problematiche di sempre, insite nella condizione umana? Quale presunzione costruisce il piedistallo egoico, che sostiene, così esponendola, ogni individualità? Chi, malgrado tutto, vuole e può identificarsi nella condizione di artista demiurgo che impasta e reimpasta ossessivamente questa polvere adamitica continuamente macinata, quest' araba fenice che instancabilmente risorge dalle sue ceneri, questa vita-morte che si ricicla in altre vite-morti per tutti i secoli dei secoli?</div><div style="text-align: justify;">L'artista, l'artefice altro non è che un veicolo di sangue; una conduttura emersa per la necessità di trasmettere l'energia incompiuta di una vita, insufficiente a porre la parola FINE.</div><div style="text-align: justify;">Questa energia multiforme deve, nel compromesso palese di ogni esistenza, da una parte, manifestarsi nel gioco dell'illusione, producendo forme e suoni incompiuti e, dall'altra, consumarsi nel nulla, liberandosi da se stessa.</div><div style="text-align: justify;">Non esiste una cifra che possa palesarsi perfetta!</div><div style="text-align: justify;">Da queste considerazioni sembrerebbe nascere la necessità (?) della catalogazione; dell' ordine in schemi contenitori. La diatriba è davvero controversa.</div><div style="text-align: justify;">Personalmente rinuncio. Alla necessità (?) di definire un codice “serio” che possa decifrare, spiegandolo, questo groviglio di commistioni. Ai volenterosi, non rimane che continuare a osservare, cercando di vedere ciò che è possibile cogliere, assimilare, eliminando ogni presunzione che pretenda di aver ritrovato il bandolo della matassa.</div><div style="text-align: justify;">Lasciamo che il nostro Antonello Serra, prototipo e simbolo della condizione mista di una coscienza ed incoscienza vagante nell'uomo, continui ad essere Artefice in se stesso nei labirinti e nei dedali dell'immaginario sino a quando incontrerà, colorata di ingenuità, la sua morte e resurrezione.</div><br />
<br />
<div style="text-align: justify;">Giuseppe BOSICH</div>Antonello Serrahttp://www.blogger.com/profile/16967712733812355582noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-6104752092154012382.post-28166103674135746712011-03-17T10:10:00.000-07:002011-03-17T10:38:03.122-07:00Fiorenzo Degasperi 2008<div style="text-align: justify;"><br />
<br />
<br />
E’ un vaso di <em>Pandora</em></div><div style="text-align: justify;"><br />
</div><div style="text-align: justify;">dell’inconscio quello che Antonello Serra ha aperto molti anni fa. I venti che ne sono usciti hanno strane forme, volumi. Uomini che hanno intessuto legami magici con il mondo vegetale, con quello minerale. Hanno intrecciato storie e umori, paure ed angosce, speranze ed illusioni. Ed è proprio l’ammirazione, o il timore, o ancora il desiderio di magia, intesa come strumento nato dalla volontà di togliere i sette veli che rivestono la conoscenza, che hanno portato l’artista a creare prodigiosi esseri che popolano queste opere. Che attingono alla pentola ribollente del surrealismo, alla sua grande capacità di narrare e, ancor oggi, di raccontare, gli stati d’animo, le pulsioni, le irriverenti incursioni della mente nel territorio del desiderio o del suo silenzio.<br />
<a name='more'></a> Con un pizzico, direbbe Salvador Dalì, di paranoia critica perché soltanto l’ossessione può farci conoscere il Minotauro che abbiamo dentro di noi e salvarci dalla disperazione di questa moltitudine di esseri che sembrano essere nati dai racconti di un H. P. Lovercraft esente dai fumi dell’alcool o dalle tavole di Hieronimus Bosch.<br />
Dentro queste opere non si può correre, soltanto camminare lievemente affinché l’amour fou, l’amore folle, possa essere il filo d’Arianna che ci accompagna nei teatri dell’inconscio. Qui, in questi lavori, si lavora per analogia, per metafore, per simboli. Ognuna di queste composizioni irreali, o, surreali, è un’esplosione di vitalità, che vuole spostare i confini sempre un po’ più in là nella consapevolezza che una lettura lineare della realtà è impossibile per sua stessa definizione. Perché la realtà è multipla, innumerevole. Luigi Pirandello, il nostro surrealista ante litteram, direbbe una, dieci, centomila realtà; una, dieci, centomila verità. E ognuna vale la pena indagarla fino in fondo, sprofondando nel magma del ricordo, della memoria, del trauma, della frustrazione. Per poi combattere o farsi alleati questi insetti/animali/uomini/anfibi/pesci che sembrano l’evoluzione dei disegni ottocenteschi di Yak Rivais o quelli di Frank Utpatel.<br />
Antonello Serra, autodidatta, non fa altro che seguire le orme cerebrali di Isidore Ducasse conte di Lautréamont: questi ha messo in scena un grande poema dell’inconscio (I canti di Maldoror), poetando un’allegoria della nascita e della thanatografia. Il nostro artista esplora i meandri e i nodi del proprio Io sovrapponendo continuamente e confondendo desiderio e pulsione, morte e vita.<br />
Le visioni del profondo, quando sono lasciate libere, creano un proprio linguaggio, irriducibile al linguaggio articolato e alle sue regole di costruzione: queste sono forme a-grammaticali e a-categoriali. Più che Sigmund Freud ci vorrebbe Gustav Jung per trovare, dietro ad ogni ombra, la figura matrice, l’archetipo. Ma siamo anche convinti che l’inconscio di Antonello Serra sia beneducato e non dica mai niente di sordido. Ogni pulsione, ogni stimolo, porta con sé l’elemento positivo e il suo opposto, come Giano bicefalo racchiude nelle due facce il nuovo e il vecchio, il passivo e l’attivo, il razionale e l’irrazionale. L’automatismo psichico trova qui la sua costruzione razionale e il tentativo ultimo di narrare, o di gridare, la propria vitalità. Che si chiami eros, pornografia, amore, odio, vita e morte. Termini diversi per indicare una sola cosa: l’amore folle per un linguaggio del corpo e della mente che sempre più la società tenta di ingabbiare, frustrare, simulare.<br />
<br />
Fiorenzo Degasperi</div><div style="text-align: justify;"><em>Critico d'arte</em></div>Antonello Serrahttp://www.blogger.com/profile/16967712733812355582noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-6104752092154012382.post-46078865660816663112011-03-17T10:03:00.000-07:002011-03-17T10:18:54.313-07:00Paolo Dolzan<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;">Conosco Antonello ormai da diversi anni, sufficienti per aver capito che la sua passione per la pittura è sincera, e che ogni tela compiuta che si aggiunge alle altre è frutto delle notti passate in bianco e delle ore strappate alla stanchezza maturata nel lavoro, fatto, come si dice,<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>per mangiare. Perché anche Antonello vive il destino comune oggi a molti artisti, d'essere considerato, dai più, come<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>affetto d'una insolita passioncella domenicale che ti costringe al cavalletto... e che te lo fa preferire inspiegabilmente alle scampagnate familiari, alla tranquillità di un pomeriggio trascorso tra lo shopping e il lago. Oggi, in Italia, il mestiere del pittore non è più un mestiere, è un hobby.</div><a name='more'></a><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;"></div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;">Il nostro benemerito appare così anacronistico, tra i suoi colori, l'acquaragia e i pennelli. E forse nessuno immagina che questa decisione sia il frutto, oltre che dell'innata passione, di un ragionamento preciso e di un attaccamento<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>verso dei valori del passato che oggi non sembrano trovare posto in questa società tritatutto. </div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;">Osservando i suo dipinti è facile riconoscere il peso che egli affida al passato ed alla storia. La lezione dei pittori surrealisti è evidente, per esempio, contemplando i fantastici fondali marini popolati da strane creature che, a volte, con l'acqua, non hanno niente a che fare. Cosa ci nascondono gli abissi? Ci appaiono profondi e di un nero insondabile, qualcosa di molto vicino all'idea d'inconscio che, partendo dalle teorie psicoanalitiche, si erano fatti<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Bretòn e tutta la sua compagine. <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Percorrendo le sale dei musei, spesso<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>ci si accosta alle opere dei<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>surrealisti con la curiosità feticistica con cui ci si inginocchia davanti alle reliquie, ma queste appaiono come cosa lontana e morta solo se non si considera lo spirito sovversivo e rivoluzionario che animò questa generazione, decisa a rovesciare il perbenismo borghese come un guanto. Chi ha mai davvero pensato che le rivoluzioni si facciano a colpi di pennello? Cercate nelle cantine e nelle soffitte umide per stanare un pittore e chiedeteglielo...chiedetelo ad Antonello.</div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;"><br />
</div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;">Paolo Dolzan <em>(artista)</em></div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;">19.05.2007</div>Antonello Serrahttp://www.blogger.com/profile/16967712733812355582noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-6104752092154012382.post-31499319874294594932011-03-17T07:12:00.000-07:002011-03-17T07:12:07.471-07:00Erica Olmetto<div align="center" class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: center;"><b><span style="font-size: 16pt;">Antonello Serra</span></b></div><div align="center" class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: center;"><br />
</div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt;">Testo a cura di Erica Olmetto.</div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt;"><br />
</div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;">L'iniziale attività artistica di Antonello Serra, nato a Oristano e vivente a Trento dal 1995, ha tratto la sua massima ispirazione dal Surrealismo e dagli insoliti accostamenti della Metafisica italiana.</div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;">Nell'approfondire la conoscenza delle tecniche pittoriche e dare vita ad una propria personale linea tematica e strutturale, l'artista ha intrapreso di recente una ricerca formale e cromatica volta a scoprire e rappresentare una vera e propria teoria di simboli strettamente collegata alla protostoria sarda e al passato nuragico.</div><a name='more'></a><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;"> Nascono così le opere pittoriche più recenti, singolari proprio per la compresenza si segni ancestrali, geometrici e puri nella loro trasposizione su tavola, rielaborati attraverso l'uso di un linguaggio caratteristico e fortemente espressivo, memore di quella fase surrealista mai del tutto abbandonata. Come le imponenti opere monumentali dei protonuragici, i menhir e le pareti incise degli ipogei, le opere di Antonello Serra si rivestono dello stesso fascino come fossero le pietre graffite con i simboli dei vivi e dei morti, quelli dei menhir antropomorfi dipinti su un'ampia superficie, strutturata in modo affatto casuale attraverso finte ghiere di pietra che con sorpresa sembrano simulare antichi ricami tradizionali.</div>Antonello Serrahttp://www.blogger.com/profile/16967712733812355582noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-6104752092154012382.post-80813474782284429592011-03-17T07:08:00.000-07:002011-03-17T07:09:24.079-07:00Fiorenzo Degasperi<div align="justify" style="margin-bottom: 0cm;"><span style="font-size: medium;"><b>Antonello Serra: sulle tracce della propria memoria</b></span></div><div align="justify" style="margin-bottom: 0cm;"><br />
</div><div align="right" style="margin-bottom: 0cm;"><i>Ozu meu volantinu,<br />
in d’un’ora che sia in tale caminu!</i></div><div align="right" style="margin-bottom: 0cm;"><i>(Olio che mi fai volare,</i></div><div align="right" style="margin-bottom: 0cm;"><i>fa’ che in un’ora mi trovi nel tal posto!)</i></div><div align="right" style="margin-bottom: 0cm;"><br />
</div><div align="right" style="margin-bottom: 0cm;">detto di Ollolai</div><div align="right" style="margin-bottom: 0cm;"><br />
</div><div align="justify" style="margin-bottom: 0cm;">Avevamo lasciato Antonello Serra aggirarsi in un paesaggio surreale, in un mondo pullulante di esseri in continua metamorfosi. Lo troviamo dopo qualche anno di lavoro con una tavolozza rielaborata. Uscito dal labirintico universo surreale ha avuto bisogno di riappropriarsi del proprio passato, della propria terra. E lo ha fatto utilizzando con maestria la ricchezza dei segni arcaici e archetipi che contraddistinguono la preistoria e la storia della terra sarda. Una continuità segnica che ha accompagnato le varie culture che si sono succedute nell’isola a partire dal neolitico fino ai magici bronzetti del popolo dei nuraghi diventati, in seguito, statue di Santi, Madonne e dolorosi Cristi.<br />
<a name='more'></a></div><div align="justify" style="margin-bottom: 0cm;">Ogni segno che traccia sulla tela non è mai casuale anche se apparentemente sembrerebbe frutto di una gestualità automatica. Antonello Serra ha voluto scartare l’ipotesi del recupero della memoria e del ricordo utilizzando pratiche impiegate nei lavori precedenti: quello dell’accumulo, del surplus di icone figurative o non figurative, dell’affollamento acquatico. Ha voluto invece distillare ogni codice visivo lasciandolo lì dove poteva concorrere a formare una mappa estetica del proprio passato. Tale pratica risponde sempre ad un flusso energetico diventato colore e segno ma ora la consapevolezza del proprio fare è maggiore, mirata, cercata. E’ come se avesse intrapreso una sorta di pellegrinaggio visivo nell’immaginario collettivo dei sardi, recuperando pratiche, credenze e tradizioni che sono giunte fino a noi, dipinte sui vasi, sulle pareti delle grotte, incise nelle pietre dei nuraghi o fuse nei bronzetti, nonostante divieti sinodali e condanne inquisitoriali.</div><div align="justify" style="margin-bottom: 0cm;">Per osservare al meglio opera per opera bisognerebbe farsi accompagnare da quell’incredibile testo di Giovanni Lilliu de “La civiltà dei sardi dal paleolitico all’età dei nuraghi”, 900 pagine che testimoniano, attraverso una rigorosa ricerca archeologica, etnologica, antropologica e geografica, e una peculiare sensibilità umanistica, la ricchezza archeologica della terra più antica del Mediterraneo. Allora un mondo si apre davanti a noi e l’opera di Antonello Serra diventa un anello di congiunzione tra passato e presente. Anello volto a ricongiungere, ricostruire, ricollegare la propria memoria con il bisogno di dar senso ad un presente altrimenti svuotato dalla superficialità tutta modernista che non ha saputo salvare e salvaguardare i segni della propria storia.</div><div align="justify" style="margin-bottom: 0cm;">Lo stesso uso da parte dell’artista di cromie “terrose” ci riporta alle regioni sarde ricche di testimonianze archeologiche: dallo ziqqurat di Monte d’Accoddi alle tante tombe dei giganti disperse nelle terre assolate del nord e del centro, alle splendide navi bronzee, ai guerrieri nuragici, ai nuraghi che segnano geograficamente e orientativamente i percorsi di una nazione che ha saputo per secoli sviluppare una cultura da far concorrenza a etruschi, sanniti, piceni, dauni, minoico-micenei, ecc. </div><div align="justify" style="margin-bottom: 0cm;">Sono segni che si richiamano alla decorazione geometrica delle anse di brocche askoidi (S. Antine, Torralba), ruote solari, spirali, zig zag acquatici del santuario di Oschiri, le figure armate (corni e pugnali e tridenti delle statue-menhirs di Làconi). Sono gli uomini oranti delle grotte di Sas Concas, figure che popolano le Domus de Janas diventati in seguito credenze stregonesche e fatate.</div><div align="justify" style="margin-bottom: 0cm;">Scorrendo queste opere si capisce come l’artista abbia voluto, più che costruire delle “immagini pittoriche”, offrirci delle vere e proprie porte su un al di là e su un passato ricco di miti, credenze e leggende che hanno creato con il tempo una geografia culturale stratificata da cui ancor oggi siamo affascinati, attratti e trasportati. Le figurine essenziali, sintetiche hanno un forte valore simbolico legato alla rigenerazione di dee della fertilità e della riproduzione vegetale. Gli oranti capovolti di Moseddu e Sas Concas raffigurano il morto che precipita nel mondo degli inferi in posizione rovesciata rispetto a quella del vivo, per conformarsi, essendo ormai acquisito a quel mondo, a quella geografia infera. Dee madri e virili guerrieri si incontrano, si raggruppano per poi disperdersi in questi lavori che sanno lasciar spazi vuoti alla fantasia.</div><div align="justify" style="margin-bottom: 0cm;">Ha fatto bene Antonello Serra a recuperare quell’humus culturale da cui proviene e che ancora vivifica la memoria collettiva delle vecchie generazioni e costituisce attualmente il segno più prezioso di una sapienza dalle radici remote.</div><div align="justify" style="margin-bottom: 0cm;"><br />
</div><div align="justify" style="margin-bottom: 0cm;">Fiorenzo Degasperi</div><div align="justify" style="margin-bottom: 0cm;"><br />
</div><div align="justify" style="margin-bottom: 0cm;"><br />
</div><div align="justify" style="margin-bottom: 0cm;"><br />
</div>Antonello Serrahttp://www.blogger.com/profile/16967712733812355582noreply@blogger.com