Mario Cossali


UN TEATRO MAGICO RAPPRESENTA IL CUORE DEL MONDO

La pittura di Antonello Serra se la guardi superficialmente può sembrarti anche troppo facile, sai che ha fatto un lungo bagno nel mondo onirico surrealista e poi ha cominciato un amoroso viaggio nel bosco degli archetipi della sua Sardegna.
Scrigno prediletto di questi archetipi la cassapanca sarda, “cascia de su pane, de sa pannamenta, de su trigu, de su ‘inari”, cassapanca in legno di castagno, finemente intagliata. Da alcuni ritrovamenti archeologici si può dedurre che la cascia venga addirittura dall’età nuragica e questo giustifica filologicamente l’antichismo di certi rimandi segnici e figurali del nostro artista.
Ma tutto questo non basta, può valere come premessa, perché la pittura coltivata oggi da Antonello Serra non si esaurisce nella memoria, per quanto passionale, e non si adagia nostalgicamente sul tappeto arcaico della ricerca romantica delle proprie radici.
Infatti ci troviamo di fronte ad una pittura viva, vivace nel colore e nella narrazione, una pittura che è tutta impegnata a costruire una nuova storia, pur debitrice delle linfe di un lontano passato che nella terra di Sardegna ha impregnato di sé ogni passo della vita quotidiana.

Antonio Cossu

SEGNI
 
Passavamo sulla terra leggeri come acqua … come acqua che scorre, salta, giù dalla conca piena della fonte, scivola e serpeggia fra muschi e felci, fino alle radici delle sughere e dei mandorli….
Sergio Atzeni
Passavamo sulla terra leggeri, 1996
 
E’ un sentimento controverso quello del ricercare le proprie radici. Apparentemente comune, in realtà esso si scontra quotidianamente con i ritmi di esistenze accelerate, nelle quali l’oggi – più raramente il domani – è la coordinata di riferimento. Può essere la disperazione che ti porta a fuggire dal tuo passato (o dal tuo contingente) o l’ambizione dell’apparire diverso da ciò che effettivamente sei o sei stato. E così il ricondursi alla propria storia rischia di essere spesso letto come atteggiamento dettato da mera e retorica vena nostalgica.
Sfata il dubbio l’opera recente di Antonello Serra, laddove il racconto pittorico mutuato da quello plastico proprio di uno degli oggetti più caratterizzanti di Ichnusa, la cassapanca, non si colloca nel solco della rappresentazione formale dell’iconografia di un’isola, ma diventa gioioso inseguirsi di segni, disordinatamente quanto rigorosamente disposti sullo spazio compositivo, a suggerire itinerari che la mente può liberamente percorrere; strade semplici, nelle quali puoi riconoscere tracce che sono anche tue, nelle quali hai la certezza di non perderti.

Maria Claudia Simotti

Un surrealismo ammiccante e gaiamente allusivo, accumula in ordine studiatamente sparso una minutaglia di suppellettili dell’inconscio, congerie simbolica sessuata animata dal contrappunto vivace di rimandi lucidi che scoprono argutamente quel che l’apparenza di realtà nasconde.

Roma – Maria Claudia Simotti
Critico d’Arte

Giuseppe Bosich

Antonello Serra, visionario del profondo.

Giovane artista sardo originario di Usellus, antica colonia romana, vive e lavora a Trento. Negli anni ha prodotto qualche centinaio di tele dipintead olio, alcune di grande formato. La sua fonte di ispirazione dichiarata è stata Salvador Dalì.
Fin dai primi tentativi, da autodidatta, ha ricostruito nelle proprie opere il clima e i modi espressivi daliniani, affinando la sua tecnica pittorica e rimanendo, comunque, nel tracciato del suo grande idolo, riuscendo ad esprimere immagini di invenzione propria; personaggi e spazi che riecheggiano ancora quella surrealtà che lo aveva così tanto ispirato. E' uno strano esempio di epigono che ha trovato una propria identità in evoluzione, pur rimanendo nell’antico solco.

Fiorenzo Degasperi 2008




E’ un vaso di Pandora

dell’inconscio quello che Antonello Serra ha aperto molti anni fa. I venti che ne sono usciti hanno strane forme, volumi. Uomini che hanno intessuto legami magici con il mondo vegetale, con quello minerale. Hanno intrecciato storie e umori, paure ed angosce, speranze ed illusioni. Ed è proprio l’ammirazione, o il timore, o ancora il desiderio di magia, intesa come strumento nato dalla volontà di togliere i sette veli che rivestono la conoscenza, che hanno portato l’artista a creare prodigiosi esseri che popolano queste opere. Che attingono alla pentola ribollente del surrealismo, alla sua grande capacità di narrare e, ancor oggi, di raccontare, gli stati d’animo, le pulsioni, le irriverenti incursioni della mente nel territorio del desiderio o del suo silenzio.

Paolo Dolzan

Conosco Antonello ormai da diversi anni, sufficienti per aver capito che la sua passione per la pittura è sincera, e che ogni tela compiuta che si aggiunge alle altre è frutto delle notti passate in bianco e delle ore strappate alla stanchezza maturata nel lavoro, fatto, come si dice,  per mangiare. Perché anche Antonello vive il destino comune oggi a molti artisti, d'essere considerato, dai più, come  affetto d'una insolita passioncella domenicale che ti costringe al cavalletto... e che te lo fa preferire inspiegabilmente alle scampagnate familiari, alla tranquillità di un pomeriggio trascorso tra lo shopping e il lago. Oggi, in Italia, il mestiere del pittore non è più un mestiere, è un hobby.

Erica Olmetto

Antonello Serra

Testo a cura di Erica Olmetto.

L'iniziale attività artistica di Antonello Serra, nato a Oristano e vivente a Trento dal 1995, ha tratto la sua massima ispirazione dal Surrealismo e dagli insoliti accostamenti della Metafisica italiana.
Nell'approfondire la conoscenza delle tecniche pittoriche e dare vita ad una propria personale linea tematica e strutturale, l'artista ha intrapreso di recente una ricerca formale e cromatica volta a scoprire e rappresentare una vera e propria teoria di simboli strettamente collegata alla protostoria sarda e al passato nuragico.

Fiorenzo Degasperi

Antonello Serra: sulle tracce della propria memoria

Ozu meu volantinu,
in d’un’ora che sia in tale caminu!
(Olio che mi fai volare,
fa’ che in un’ora mi trovi nel tal posto!)

detto di Ollolai

Avevamo lasciato Antonello Serra aggirarsi in un paesaggio surreale, in un mondo pullulante di esseri in continua metamorfosi. Lo troviamo dopo qualche anno di lavoro con una tavolozza rielaborata. Uscito dal labirintico universo surreale ha avuto bisogno di riappropriarsi del proprio passato, della propria terra. E lo ha fatto utilizzando con maestria la ricchezza dei segni arcaici e archetipi che contraddistinguono la preistoria e la storia della terra sarda. Una continuità segnica che ha accompagnato le varie culture che si sono succedute nell’isola a partire dal neolitico fino ai magici bronzetti del popolo dei nuraghi diventati, in seguito, statue di Santi, Madonne e dolorosi Cristi.